venerdì 5 ottobre 2012

QUANDO LO STRESS SI TRASFORMA IN DEPRESSIONE

A livello cerebrale il principale ormone dello stress agisce su una regione che fa da interfaccia fra i circuiti dei sistemi limbico, cognitivo e motorio - il nucleo accumbens - potenziando l'azione della dopamina e stimolando la spinta motivazionale. Se però l'ormone supera un livello di guardia, il nucleo accumbens smette di rispondere, come se fosse "saltato un fusibile", e difficoltà e sfide diventano ostacoli insormontabili. La risposta allo stress, che si sviluppa lungo l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, inizia con il rilascio di un neuropeptide, il fattore di rilascio della corticotropina (CRF). Esperimenti successivi hanno mostrato che nel nucleo accumbens normalmente il CFR potenzia il rilascio di dopammina, facilitando la tendenza a sviluppare spinte motivazionali e legami sociali. Nel caso di un grave e/o prolungato stress, invece, questa capacità del fattore di rilascio della corticotropina appare completamente abolita. Articolo completo su www.lescienze.it - 20 Settembre 2012

domenica 2 settembre 2012

La mente impara anche nel sonno

Durante il sonno, l'organismo ha una diminuita capacità di reagire agli stimoli esterni. Ora però un nuovo studio ha dimostrato che anche mentre stiamo dormendo la mente attiva meccanismi di apprendimento inconsci, grazie ai quali si formano nuove associazioni tra suoni e odori che permangono anche durante la veglia senza che il soggetto ne sia consapevole. Infatti il sonno non consente soltanto di consolidare i ricordi di eventi vissuti durante la veglia, sma anche di formare nuove associazioni tra sensazioni acquisite con organi di senso diversi. Per articolo completo: www.lescienze.it

martedì 20 marzo 2012

Storia di due metà: i pazienti split brain

A partire dagli anni sessanta, gli scienziati hanno studiato intensamente un piccolo gruppo di pazienti sottoposti a un intervento radicale di neurochirurgia. La resezione del corpo calloso è stata usata come trattamento per le forme più gravi di epilessia a partire dagli anni quaranta, su un gruppo di 26 pazienti a Rochester, New York. L’obiettivo era tenere confinata la tempesta elettrica dell’attacco epilettico a uno solo dei due lati del cervello. All’inizio, non sembrò funzionare. Nel 1962, però, un paziente esibì un miglioramento significativo. Anche se non è mai diventato la strategia terapeutica preferita – è invasivo e rischioso, e in molti pazienti i sintomi possono essere attenuati con farmaci – l’intervento è comunque considerato una tecnica di ultima istanza per i casi intrattabili di epilessia.
Un cavo tagliato. Il lavoro con questi pazienti ha evidenziato le differenze tra i due emisferi, rivelando per esempio che in genere l’emisfero sinistro ha il ruolo guida per l’elaborazione della parola e del linguaggio, mentre quello destro è specializzato nel trattamento dello spazio e nel riconoscimento dei visi. Ma le ulteriori ricerche condotte sui pazienti con il cervello diviso hanno dato un quadro più ricco di sfumature. Il cervello non è fatto come un computer, con sezioni specifiche dell’hardware incaricate dell’esecuzione di certi compiti. È più simile a una rete di computer connessi da enormi e attivissimi cavi a banda larga. La connettività tra le regioni attive del cervello si sta rivelando altrettanto importante, se non di più, delle operazioni svolte dalle sue singole parti.
I ricercatori che avevano studiato i primi pazienti split brain avevano concluso che la separazione non influiva sul pensiero o sul comportamento. Di contro, gli studi condotti da Sperry e colleghi negli anni cinquanta mostravano forti alterazioni delle funzioni cerebrali negli animali cui era stata praticata la resezione del corpo calloso. Sperry è morto nel 1994, ma a quel punto la guida del gruppo era passata a Gazzaniga. Il nuovo secolo vide impegnati lui e gli altri studiosi del cervello diviso su un altro mistero: malgrado gli spettacolari effetti della callosotomia, W.J. e i successivi pazienti non hanno mai riferito di sentirsi men che interi. Come ha scritto più volte Gazzaniga: gli emisferi non sentono l’uno la mancanza dell’altro.
Gazzaniga ha sviluppato quella che chiama "teoria dell’interprete" per spiegare come mai le persone – compresi i pazienti split brain – hanno un senso unitario del sé e della vita mentale. L’ha elaborata a partire da compiti in cui si chiedeva a un paziente dal cervello diviso di spiegare a parole, il che richiede l’emisfero sinistro, un’azione che era stata richiesta ed eseguita unicamente da quello destro. «L’emisfero sinistro inventava una risposta a posteriori che fosse adatta alla situazione.» L’interprete del cervello sinistro, dice Gazzaniga, è quello che tutti usano per cercare di spiegarsi ciò che accade, filtrare l’assalto delle informazioni in entrata e costruire narrazioni che aiutano a dar senso al mondo.

Per visualizzare articolo completo: www.lescienze.it (art. del 17 Marzo 2012)

giovedì 1 marzo 2012

Se l'emozione è negativa meglio non dormirci sopra

Dormire dopo aver osservato delle immagini consente di preservarne meglio il ricordo, conservando in modo più vivido la risposta emotiva negativa. Il fenomeno potrebbe essere stato selezionato durante l'evoluzione come strumento per aiutare l'individuo a evitare le minacce alla propria esistenza.
È questo il risultato di un recente studio condotto presso l'Università del Massachusetts Amherst, illustrato in un articolo pubblicato sulla rivista “Journal of Neuroscience” a firma di Rebecca Spencer, Bengi Baran e colleghi. Dall'elaborazione dei dati raccolti sono emerse significative indicazioni sull'effetto del sonno su memoria ed emozioni.
Per articolo completo vedi www.lescienze.it (19 gennaio 2012)